Provare ad immaginare il futuro, non ci aiuta forse a vivere meglio il presente?
Partendo dallo spunto di Dino Amenduni che qualche giorno fa ha pubblicato un interessante post dal titolo “Cari pubblicitari, dove saremo (se saremo) fra 10 anni?” abbiamo rivolto una domanda comune e una specifica a Giorgio Soffiato (Marketing Arena), Paolo Ratto (Twow) e (al nostro) Rocco Rossitto per provare ad immaginare “dove e come” sarà la comunicazione tra aziende e persone tra 10 anni e come sarà il social media marketing, il social advertising e lo storytelling del futuro.
Dove (e come) sarà la comunicazione tra le aziende e le persone tra 10 anni?
PAOLO RATTO / La domanda è complicata. Pensate se l’avessimo posta nel 2005 chiedendo di immaginare cosa sarebbe successo dieci anni dopo: Facebook praticamente non c’era, si vedevano solo gli albori di tutto quello che poi sarebbe stata la rivoluzione social. Quindi è sicuramente molto difficile dare una risposta. Quello che si può dire è che si osservano diverse situazioni: le persone nell’ultimo decennio hanno acquisito un grado di potenza e di forza nei confronti delle aziende impensabile in passato. Hanno veramente il potere di prendere delle decisioni, di avere delle reazioni che possono mettere in crisi anche aziende consolidate. Dal punto di vista delle aziende questa è una situazione assolutamente problematica perché impone di tener conto di ogni singolo consumatore. Si può, quindi, ipotizzare che le aziende dovranno necessariamente riuscire a soddisfare i bisogni dei propri utenti cercando di dare almeno l’impressione di trattarli in maniera individuale, singolare.
In questo senso il servizio personalizzato a livello di prodotto, ma anche a livello di comunicazione, potrebbe essere qualcosa che si avvicina alla realtà. C’è da dire che forse le aziende capiranno come utilizzare i canali di comunicazione che ad oggi fanno ancora fatica ad utilizzare, quindi laddove oggi si va in panico in azienda per una critica sui social media, probabilmente tra dieci anni sarà normalizzato, sdoganato. Ci saranno certamente un sacco di novità, ma ad oggi resta molto difficile immaginare un mondo senza Facebook, lo dico con tutta sincerità.
GIORGIO SOFFIATO / Quello che noto è una incredibile velocità nelle tecnologie di accesso all’informazione, ho sempre pensato che gli smartphone rappresentano un “momento transitorio”, quasi un ostacolo, fino ad un momento in cui tendenzialmente indosseremo l’accesso alle informazioni. Quello che però vedo ormai da anni è che questa rivoluzione non avviene mai “alla matrix” ma rappresenta un’evoluzione in cui le persone devono in quale modo adattarsi alle tecnologie ed anche il tema della internet of things (mi faceva riflettere stamattina la comunicazione di un update di software per la Tesla, quindi aggiorni l’auto in garage come aggiorni un iphone) giocherà un ruolo fondamentale in questa partita. Penso che le aziende continueranno a fare prodotti e servizi e le persone a consumare beni ed esperienze, ma se ci pensiamo Pine e Gilmore scrivevano di marketing esperienziale 10 anni fa. La comunicazione sarà meno legata al “gap informativo” che di solito le aziende sfruttano per sostenere il premio di prezzo e più legata al valore che il brand sarà in grado di sostenere. Leggevo un articolo sulla personalizzazione ed un amico mi ha detto “pensa che in ufficio da noi 6 persone hanno fatto le Adidas personalizzate sul sito”, ecco probabilmente la comunicazione non sarà diversa, sarà solo totalmente customizzata e tecnologicamente innovata rispetto ad oggi.
ROCCO ROSSITTO / Spero che avvenga nei prossimi 10 anni qualcosa che possa creare un cambiamento forte nel modo di comunicare tra le persone e quindi anche tra le aziende e le persone. Un terremoto come Internet, ad esempio. Ma qualcosa che ancora non vediamo e non riusciamo ad immaginare. Spero poi (per il bene di tutti) che la comunicazione sia sempre più tailormade, ovvero cucita su misura, senza “spazzatura” digitale e cartacea, ma con strumenti che permettano alle aziende di andare incontro a reali necessità di chi consuma prodotti e servizi. Spero ancora che ci sia un cambio definitivo di prospettiva: persone e non target, persone e non utenti. Sul dove sarà: ovunque ci sia la possibilità di decidere. Ovvero: devo essere libero di non voler vedere/vivere la tua comunicazione cara azienda se essa è basata sull’interruzione, sulla ripetizione, sul fastidio. Quindi immagino “dei luoghi” dove ognuno può decidere che tipo di comunicazione ricevere dalle aziende. Quindi per esempio, prendiamo Facebook e Google: un pannello dove posso decidere i settori, i brand, etc etc. Fantascienza? Beh, vedremo tra 10 anni.
Come ti immagini il social advertising nel 2025?
PAOLO RATTO / Per quanto riguarda il social advertising la domanda è molto legata alla precedente. La pubblicità sta vivendo un momento di rottura, un momento molto particolare che forse mai ha vissuto nella sua storia e cioè un momento in cui le persone stanno pagando per liberarsene, stanno scaricando applicazioni a pagamento sui loro cellulari per bloccare la pubblicità. Non ne possono più, questo è un indizio di come la pubblicità abbia rotto le scatole e sia, quindi, totalmente da ripensare. Le evoluzioni quali potrebbero essere? Da un lato nuovi formati pubblicitari, che potrebbe essere una cosa positiva per la creatività, ma anche negativa in quanto la fusione tra contenuto pubblicitario e contenuto non pubblicitario che oggi viene espressa sotto il nome di native advertising potrà avere delle deviazioni che potrebbero non essere tutte così estremamente positive. Ci potrebbe essere un’evoluzione di tutto ciò che è paid digital pr, cioè le pr a pagamento, perché se ci bloccano il banner, che ovviamente sta andando in crisi perché è il primo formato penalizzato su mobile, bisognerà trovare altre strade per interessare l’utente. In questo senso chiaramente lo storytelling potrebbe guadagnare posizioni e finalmente rivelarsi qualcosa di veramente utile anche per ottenere risultati pesanti di business.
Poi c’è un discorso relativo alle piattaforme, attenzione a Google, Facebook ed Apple perché questi tre giganti stanno monopolizzando il mercato e lo monopolizzeranno probabilmente sempre di più ed è difficile ad oggi pensare ad un mercato senza uno di questi tre player. Quale possa essere l’evoluzione a livello business non lo so, è molto difficile da dire, ma attenzione all’equilibrio e ai rapporti tra questi tre big che condizioneranno il futuro dell’advertising, il futuro della comunicazione e probabilmente il futuro di Internet.
Come ti immagini il social media marketing nel 2025?
GIORGIO SOFFIATO / Premesso che spero di essere un coltivatore diretto nel 2025, credo che la dimensione di community esisterà ancora, molto dipenderà da come le relazioni si struttureranno visto che oggi la “società dello spettacolo” (cito un libro) sta abbattendo la cultura alta e dando sempre più importanza all’effimero delle immagini. Per questo la tinder-economy sarà sempre più sviluppata, probabilmente verticalmente per interessi, età e settori. Le persone potrebbero voler condividere per realizzarsi e i social network essere più pervasivi come veri e propri fornitori di ancora una volta esperienze. Immagino un Facebook che ripercorre il “google pensiero” sviluppando app e add-on verticali dedicati a singoli momenti (lo sport, il divertimento) e vere e proprie infrastrutture basate sul dato e sul comportamento. Sono molto convinto che non avremo più in tasca un device e sono altresì convinto che il nostro mestiere sarà sempre più orientato allo sviluppo di contenuti di qualità e non alla gestione di presidi.
Lo storytelling del futuro: nel 2025 useremo ancora le storie per vendere prodotti e servizi?
ROCCO ROSSITTO / Sì, senza dubbio. Le storie hanno un potere unico, da ben prima che fossero utilizzate per la comunicazione aziendale, nella politica e nel management. Le storie ti fanno vivere mondi altri rispetto a quelli che vivi ogni giorno. Quindi nel futuro lo storytelling continuerà ad essere utilizzato e utile per vendere prodotti e servizi, per creare una connessione tra aziende e persone, per costruire/rafforzare la reputazione di un brand. È certamente pensabile una evoluzione, con una immersione sempre più profonda, con la voglia di scrivere pezzi di una storia, di viverli ancora di più, e non solo di fruirne. Probabilmente le persone potranno costruire delle storie grazie ad aziende che decideranno di vivere in ambienti diversi, in momenti separati, in un continuum che non dovrà per forza essere piegato al tempo e allo spazio. È chiaro già adesso che le storie sono come i liquidi, prendono la forma del loro contenitore, così con l’evoluzione della tecnologia anche le storie si modificheranno. Infine, quel che immagino e spero poi è che nel 2025 lo storytelling non sarà più la parola più abusata e bistrattata nel settore della comunicazione.
ps.
Le nostre prossime tappe riguarderanno proprio il social advertising (a Reggio Emilia) e lo storytelling (a Milano) dove ci metteremo in pratica, senza tanta teoria, senza tante slide che hanno un po’ stufato, no?